Avetrana, 5 settembre 2024. Quello di Alessandro Sortino è un viaggio-racconto nella storia di un uomo che sostiene di essere l’assassino di sua nipote di quindici anni, ma a cui nessuno crede. Parliamo di Michele Misseri che, a distanza di quattordici anni, continua a proclamarsi colpevole dell’omicidio di Sarah Scazzi. Per ascoltare quella che l’uomo continua a definire “l’unica verità” l’inviato ha passato due giorni nella casa dove è avvenuto l’omicidio e dove Misseri è tornato a vivere dopo aver scontato la sua pena carceraria (i giudici lo hanno condannato a otto anni per concorso in soppressione di cadavere, ndr.). “Sono io l’assassino di Sarah. Non mi credono perché mi hanno fatto cambiare le versioni, non le ho cambiate io, me le hanno fatte cambiare.”. Nell’intervista l’uomo confessa, per la prima volta di fronte a una telecamera, di aver provato ad abusare del corpo senza vita di Sarah. Questa un’anticipazione del servizio de “Le Iene”, in onda domenica 13 ottobre, in prima serata, su Italia 1.
Con Sortino Misseri ricostruisce la vicenda, partendo dalla sua infanzia, e raccontando elementi inediti sugli abusi subiti da bambino: “Quando avevo sei anni mio padre mi portò in una masseria a fare il pastorello. Lì mi hanno violentato. Non l’ho mai detto a nessuno. E se l’avessi fatto sarebbe stato peggio. Erano due, padre e figlio, e io avevo circa sei anni. Mio padre non mi ha mai difeso perché io non potevo parlare, ma aveva capito qualcosa perché ci lavava le mutandine e vedeva. Neanche mia moglie e le mie figlie lo sapevano.”. Poi si addentra sull’aspetto più complicato dell’omicidio della piccola Sarah, quello che lui considera il suo movente, di carattere sessuale, e dice: “Per mia figlia Valentina sono un assassino e anche un pedofilo.”.
Nella confessione resa ai magistrati all’epoca dei fatti, l’uomo aveva dichiarato di aver abusato di Sarah prima di ucciderla ma poi aveva ritrattato. Con Sortino ammette l’omicidio, e, in un primo momento, continua a negare gli abusi: “L’ho detto perché tanto dovevo comunque andare in carcere. Se la ragazza non era apposto… (parla della verginità della ragazza, intendendo dire che non sapeva se lo fosse o meno, ndr.). Mi sono fatto carico anche di quello, non sapendo se la ragazza aveva avuto o meno altri rapporti sessuali.”. È notte, e l’uomo racconta di aver paura dei sogni che lo attendono, perché spesso riguardano la nipote. Il giorno dopo gli tornano in mente alcuni momenti passati in caserma, quelli che hanno preceduto il ritrovamento del cadavere di Sarah, avvenuto a seguito delle sue dichiarazioni. “Sai quando sono rimasto colpito? Quando mi hanno detto (gli inquirenti, ndr.) che non l’avevano battezzata. Allora ho detto del pozzo, in contrada Mosca.”. Decide di portare l’inviato sul posto.Prima di raggiungere il pozzo dove l’uomo gettò il corpicino di Sarah, Misseri mostra a Sortino l’albero di fico che, secondo il suo racconto, sarebbe stato la prima tomba della ragazza, proprio a pochi metri dalla casa in cui ha passato la sua infanzia. L’uomo descrive e mima tutto quello che ha fatto quel 26 agosto: come ha posteggiato l’auto una volta giunto lì, come ha tirato fuori il cadavere dal bagagliaio, come l’ho appoggiato a terra, come l’ha poi sollevato per occultarlo. Parla anche dei vestiti di Sarah, prima tolti, poi rimessi, infine bruciati insieme al telefonino della ragazzina che – forse con l’idea che contenesse le sue ultime memorie – ha poi salvato dalle fiamme. E, ancora, le immagini mostrano i due all’interno del garage della villetta, dove, ribadisce Misseri, “L’anima di Sarah è ancora imprigionata”. Lì l’uomo torna indietro con la memoria e sposta il trattore nella stessa posizione in cui – dice – era il giorno in cui uccise la nipote. Racconta che quel maledetto giorno era ora di pranzo, che il mezzo non partiva, che aveva un forte mal di testa dalla mattina. Che la nipote era scesa lì da lui, probabilmente per chiedergli se avesse potuto citofonare alla cugina e che era vestita diversa da come l’aveva sempre vista. “Ho allungato la mano e l’ho presa dalle spalle, mi ha dato un calcio da dietro e mi è salito un calore. Forse voleva scappare e io ho preso la corda…”. Poi, la cosa più difficile da ascoltare: “Volevo violentare Sarah ma non sono riuscito. Avevo allungato le mani qui nel garage, volevo continuare ma poi non l’ho più fatto. Sotto il fico l’ho spogliata ma poi non l’ho fatto più e l’ho rivestita. Erano due anni che non avevo rapporti sessuali con mia moglie, io dormivo nella sdraio, lei nel letto matrimoniale.”. Infine, conclude: “Questa è la verità. Speriamo che Sarah vada in pace, per sempre.”