Dal 23 agosto 2024 al 16 febbraio 2025 il Museo Rietberg di Zurigo presenta la mostra “In dialogo con il Benin: arte, colonialismo, restituzione”, un importante progetto espositivo che vuole illustrare il passato, il presente e il futuro del patrimonio culturale del Regno del Benin, un tempo collocato nell’attuale Nigeria. La mostra è stata organizzata in stretta collaborazione con studiosi residenti in Nigeria e rappresentanti della diaspora. Per la prima volta, l’arte del Benin viene qui considerata in una prospettiva di confronto storico-culturale, che mette in luce il valore e l’importanza di queste opere per il Paese africano. Al tempo stesso, la mostra affronta il tema del saccheggio dei beni artistici da parte della potenza coloniale britannica e della loro vendita sul mercato internazionale, affrontando la questione della restituzione.
La cesura più importante nella storia del Benin avvenne nel 1897, quando l’esercito britannico conquistò il regno riducendo in macerie il palazzo reale e mandando in esilio l’allora sovrano (oba) Ovonramwen. Gli inglesi si impadronirono così di migliaia di manufatti pregiati che finirono sul mercato dell’arte. Preziose sculture in avorio, figure commemorative e placche in ottone lavorate a rilievo vennero strappate dal loro contesto originario e trasformate, da trofei di guerra, in merci e infine in oggetti da esposizione che andarono ad arricchire i musei europei – compreso il Rietberg, le cui collezioni contengono manufatti culturali che furono saccheggiati in quel periodo.
Negli ultimi quattro anni, il Museo Rietberg ha aderito all’Iniziativa Benin Svizzera, ponendosi alcune domande fondamentali che esigono risposte urgenti: Quali caratteristiche deve avere un approccio responsabile di fronte all’ingiustizia coloniale? In che modo un museo deve gestire collezioni che contengono oggetti estorti con la violenza durante l’era coloniale? E come affrontare gli interrogativi su temi fondamentali quali la perdita, la proprietà e la memoria sollevati dalle restituzioni? Com’è possibile integrare la prospettiva della società d’origine con quella della diaspora? E, infine, perché è così importante instaurare una collaborazione paritaria?
Per rispondere a queste domande, per il Museo Rietberg un passo fondamentale è proprio rendere nota la storia del colonialismo e riconoscerne le ingiustizie commesse attraverso la sua misson espositiva. A tal fine, il Museo sta conducendo ricerche sulla provenienza degli oggetti facenti parte delle sue collezioni, per ricostruire la loro origine e il viaggio che hanno compiuto. Questa nuova e importante mostra mette in luce la storia travagliata delle opere del Benin, ma illustra anche le attività di cooperazione portate avanti insieme alla Nigeria, che si spingono anche oltre il tema della restituzione.
La pluralità di voci come principio
Seguendo la missione che contraddistingue la sua ricerca espositiva, il Museo Rietberg non ha voluto mostrare la storia dell’Africa solo da una prospettiva occidentale, ma ha progettato e realizzato la mostra in stretta collaborazione con partner nigeriani ed esponenti della diaspora panafricana in Svizzera. Le quattro curatrici sono Josephine Ebiuwa Abbe, Solange Mbanefo, Michaela Oberhofer e Esther Tisa Francini – alcune residenti in Nigeria, altre in Svizzera – attive in campi diversi, come gli studi teatrali, l’architettura, l’antropologia dell’arte e la storia. Insieme hanno sviluppato i contenuti, i testi, il design e il programma della mostra, raccogliendo inoltre filmati e interviste con esperti provenienti da musei e università, studiosi del palazzo reale e delle arti che illustrano la prospettiva nigeriana sul patrimonio culturale del Paese. Il museo ha anche commissionato nuove opere, realizzate nei laboratori dei fonditori di bronzo a Benin City. Inoltre, artisti contemporanei come Cherry-Ann Morgan e Kwaku Opoku si sono confrontati con temi quali la schiavitù e il patrimonio culturale, la memoria e la guarigione.
L’allestimento
Per l’allestimento della mostra il Museo Rietberg ha scelto di avvalersi per la prima volta della collaborazione dell’architetta svizzero-nigeriana Solange Mbanefo, che si è ispirata alla visione del mondo del Benin. L’allestimento degli spazi interni richiama infatti i cortili inondati di luce del palazzo reale, mentre il rosso corallo dominante rappresenta il simbolo della regalità e delle cerimonie di corte. L’esposizione delle opere vuole riflettere il modo in cui gli oggetti venivano originariamente collocati: su colonne o sugli altari consacrati agli antenati. Le aree esterne, dedicate alla “biografia” delle opere e alla storia contemporanea, sono invece dominate dal verde-azzurro: il colore dell’acqua e quindi del dio del mare Olokun. Il richiamo all’acqua vuole essere anche un riferimento ai rapporti commerciali tra il Benin e il Portogallo a partire dal Quattrocento e rappresentare le relazioni con l’estero intrattenute dal Regno attraverso i suoi porti fluviali.
Il tratto distintivo dell’allestimento è tuttavia l’architettura “lenticolare” e “piegata” di Mbanefo, ispirata a forme geometriche e figure del Benin, con suggestivi frammenti di scene di strada a Benin City che si alternano alle immagini di uno spazio espositivo zurighese. Solo quando i visitatori adottano la giusta prospettiva, i frammenti si uniscono per restituire una visione d’insieme, offrendo l’opportunità di sperimentare la complessa storia del Benin e la pluralità di voci presenti in mostra.
Il percorso espositivo
Il percorso espositivo si apre con una delle grandi immagini lenticolari alternate presenti in mostra. Ad accogliere i visitatori è infatti la fotografia di Omoregie Osakpolor che ritrae Igun Street, a Benin City, sede delle corporazioni dei fonditori e centro artistico d’eccellenza.
L’occupazione coloniale e le sue conseguenze sono raccontate in un film prodotto in Nigeria che presenta i traumatici eventi del 1897, quando gli inglesi conquistarono e saccheggiarono il Benin. Una nuova scultura in ottone e i canti funebri di Josephine Ebiuwa Abbe esprimono poi l’incessante dolore della società Edo per quei tragici eventi.
Le storie dell’arte dalla prospettiva beninese
Il nucleo centrale della mostra, concepito come un cortile interno e dedicato alla storia del Regno del Benin e del suo artigianato, è suddiviso in quattro isole tematiche che illustrano e presentano le opere d’arte seguendo i concetti di: “Memoria e Architettura”, “Commemorazione e Rituale”, “Prestigio e Performance”, “Produzione artistica passata e presente”. Alcuni partner beninesi sottolineano il significato degli oggetti, come il pendente d’avorio che ricorda il cerimoniale dell’incoronazione. Gli aspetti performativi dell’arte sono presentati nei video che arricchiscono la mostra, attraverso interviste, canti e danze. Per inserire la produzione beninese nel più ampio contesto della storia dell’arte africana, ai sedici oggetti beninesi del Rietberg sono state affiancate opere provenienti dalla collezione africana appartenente al museo e prestiti provenienti dal Bernisches Historisches Museum e dal Musée d’ethnographie di Neuchâtel.
Ricerca sulla provenienza e restituzione
La ricerca sulla provenienza delle opere d’arte è un primo passo per rendere giustizia ai paesi afflitti dal colonialismo portando alla luce storie dimenticate. Seguendo questa considerazione, il Museo ha voluto dedicare l’area esterna della mostra a un percorso che ripercorre la storia degli oggetti, dalla loro creazione fino all’attuale collocazione in Europa. Mappe e documenti d’archivio ne illustrano gli spostamenti, mettendo in evidenza le relazioni politiche ed economiche, le conseguenze dell’occupazione coloniale, le transazioni sul mercato globale dell’arte e il background dei collezionisti.
Infine, una panoramica cronologica presenta la storia del Regno del Benin e le sue ramificazioni a livello globale fino a giungere all’Iniziativa Benin Svizzera. Uno dei capisaldi del percorso che ha condotto all’iniziativa, influenzando il dibattito sulla restituzione, è il Festival of Arts and Culture (FESTAC) tenutosi nel 1977 in Nigeria per celebrare la pluralità culturale del mondo panafricano. Sul tema del processo di restituzione, la mostra indica anche nuove possibili strade da intraprendere e sottolinea l’importanza di collaborare con i rappresentanti dei paesi di origine e della diaspora panafricana.
L’ottica contemporanea
Completano la mostra alcune opere contemporanee che arricchiscono l’esposizione permanente sull’Africa. Con l’installazione It is complicated l’artista caraibica Cherry-Ann Morgan affronta il tema della schiavitù e delle proprie radici africane, mentre Nipadu del ghanese Kwaku Dapaah Opoku offre un’interpretazione artistica del saccheggio del Benin paragonando i musei a dei luoghi di sepoltura.
Le voci dei protagonisti
“Ciò che mi interessa di questa mostra è l’opportunità di parlare della mia cultura in prima persona, e non tramite ciò che altri mi hanno raccontato”. – Josephine Ebiuwa Abbe, co-curatrice ed esperta di discipline teatrali, docente all’Università del Benin, Benin City, 2023
“Fin dall’inizio la prospettiva multipla è stata un punto centrale della mostra e secondo me anche un’opportunità per portare avanti il processo di decolonizzazione”. – Solange Mbanefo, co-curatrice e architetto, Lucerna, 2023
“La storia non riguarda solo ciò che è stato, ma anche ciò che è. Quegli oggetti raccontano ancora la loro storia e continueranno a farlo domani”. – Enibokun Uzébu-Imarhiagbe, storica, docente dell’Università del Benin, Benin City, 2023
“Per me, toccare questi oggetti è una cosa più spirituale che fisica: essi rappresentano la nostra storia e la nostra anim”. – Patrick Oronsaye, artista e storico dell’arte, 2023
“Vedere queste opere in un museo mi incoraggia a sperare in un futuro migliore”. – Phil Omodamwen, fonditore di sesta generazione, Benin City, 2023
“Ho un legame personale con questi oggetti, che hanno avuto un’influenza sulla mia arte e sulla mia creatività. – Samson Ogiamen, artista e mediatore culturale, Graz, 2023
Iniziativa Benin Svizzera: la ricerca e il dialogo
La mostra si svolge nell’ambito dell’Iniziativa Benin Svizzera, lanciata nel 2020 e sostenuta dall’Ufficio federale della cultura. Sotto la guida di Michaela Oberhofer e Esther Tisa Francini del Museo Rietberg, otto musei svizzeri stanno esaminando gli oggetti del Benin presenti nelle proprie collezioni, con l’aiuto dei colleghi nigeriani. La collaborazione non è finalizzata solo alla ricerca, ma prende in considerazione anche questioni quali l’ingiustizia coloniale e la restituzione, il patrimonio culturale e l’identità. Con questa mostra il Museo Rietberg fa un passo importante nella gestione delle collezioni in collaborazione con le società di origine. L’obiettivo è rielaborare insieme le storie del patrimonio culturale e cercare buone soluzioni per il futuro di entrambe le parti. Parallelamente alla mostra allestita presso il Rietberg, altre esposizioni ed eventi sulla gestione del patrimonio culturale del Benin in Svizzera hanno luogo nei musei partner: il Musée d’ethnographie de Neuchâtel, il Musée d’et
hnographie de Genève e il Museo di Etnografia dell’Università di Zurigo.
In occasione della mostra verrà pubblicato il volume In Bewegung. Benins Kulturerbe in Schweizer Museen (In movimento: il patrimonio culturale del Benin nei musei svizzeri), a cura di Esther Tisa Francini, Alice Hertzog, Alexis Malefakis e Michaela Oberhofer, Zurigo 2024, pubblicato da Scheidegger & Spiess e disponibile nel bookshop del museo in tedesco e inglese al costo di 19 CHF
Collaborazione con il Landesmuseum
Con lo stesso biglietto i visitatori potranno accedere gratuitamente alla mostra “kolonial – Globale Verflechtungen der Schweiz” al Landesmuseum Zürich (13.9.2024 – 19.1.2025).
INFORMAZIONI UTILI
“In dialogo con il Benin: arte, colonialismo, restituzione”
Museo Rietberg, Zurigo
Kunst der Welt in Zürich
Galblerstrasse 15 – 8002 Zürich, Svizzera
rietberg.ch | @museumrietberg
Inaugurazione: giovedì 22 agosto 2024, ore 18:00
Appunatmenti, visite guidate: rietberg.ch
Orari di apertura Museo e caffetteria: mar-dom ore 10.00-17.00 | mer ore 10.00-20.00
Costo del biglietto: CHF 18 / 14 (ridotto).
Per informazioni: rietberg.ch/medien
Come arrivare: Tram 7 in direzione Wollishofen fino alla fermata “Museum Rietberg” (quattro fermate dopo Paradeplatz). Sono disponibili solo parcheggi per disabili.
Fino al 31 dicembre il Museo Rietberg offre a tutti i visitatori l’ingresso gratuito alla collezione permanente e alla mostra fotografica sull’Iran (prolungata fino al 5 gennaio 2025).