La recente storia di Inalpi, quella avviata nel 2010, racconta di un progetto diventato realtà con la filiera corta e controllata del latte. Un sistema virtuoso, ancora oggi unico per molti versi, che ha unito sotto uno stesso obiettivo il mondo industriale e quello agricolo da cui è nata, grazie anche al supporto fattivo sin dal primo momento di Coldiretti, una cooperativa – Compral Latte – che oggi conta 300 conferitori.
Un sistema nel quale la contrattazione è stata abbattuta attraverso l’indicizzazione del prezzo del latte pagato alla stalla, che prende in considerazione i mercati caseari nazionali ed europei, ma anche i costi che gli allevatori sostengono rispetto a materie prime ed energia.
Un prezzo indicizzato sulla base di un algoritmo che, nel 2010, per la prima e unica volta in Italia, è stato messo a punto da Inalpi in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università di Piacenza.
La filiera Inalpi è un sistema di condivisione di obiettivi (primo fra tutti la qualità della materia prima), ma anche un percorso a cui aderire, per il raggiungimento di una sempre crescente sostenibilità.
E’ quindi evidente come la storia stessa di Inalpi collochi a pieno titolo l’azienda lattiero casearia all’interno di quel mondo agricolo che oggi sta manifestando il proprio malessere e le proprie ragioni, ed è altrettanto chiara la scelta fatta dall’organizzazione di Moretta per essere attore anche nei momenti più complessi di questi anni, rendendosi disponibile alla collaborazione con le istituzioni e con il mondo agricolo stesso.
Basti ricordare l’impegno preso con la Regione Piemonte durante la pandemia da Covid19, grazie al quale è stata evitata la distruzione di ragguardevoli quantità di latte, che non potevano essere ritirate in tutto il Piemonte dalle aziende di trasformazione: uno spreco e un danno economico che sarebbe stato causa di ulteriore perdita economica per tutti. Ma anche più recentemente, in merito agli aumenti relativi al costo dell’energia elettrica e del gas, i vertici Inalpi si sono messi in prima fila per poter avviare un dialogo con le istituzioni, dove trovare un comun denominatore.
Ecco perché oggi Inalpi ha scelto di esporre il proprio pensiero, anche in questo momento così complesso. Perché è necessario individuare i veri obiettivi di una protesta, certamente in larga parte giustificata, ma anche saper cogliere gli elementi che possono essere di sostegno.
È evidente che la politica della Comunità Europea si è dimostrata quanto meno lontana dal reale mondo agricolo, mettendo in luce, attraverso le decisioni prese, un certo scollamento e una probabile poca conoscenza dello stesso. Ma va anche detto che l’Italia in questo specifico comparto ha avuto il merito di saper tracciare una strada, una via poi accolta da altri Paesi membri, soprattutto una strada che sostiene il nostro mondo agricolo nell’intento di consentire a tutti di lavorare, magari meglio, magari di più, ma soprattutto con l’obiettivo di promuovere quella “qualità” Made in Italy che nessun paese europeo o extra UE possiede oggi.
La crescita delle esportazioni, la conferma della dotazione finanziaria per l’agricoltura, il mantenimento delle accise sul gasolio agricolo, il disegno di legge del marzo 2023 approvato nel mese di novembre che vieta la produzione e vendita di alimenti sintetici, che rappresenta non solo un danno economico per il mondo agricolo ma anche una potenziale minaccia per gli standard in tema di sicurezza alimentare, confermano un impegno positivo e attento del Governo e del Ministro dell’Agricoltura – Francesco Lollobrigida.
Auspichiamo quindi – come anche accennato dal sottosegretario La Pietra durante la sua vista nel cuneese – che si prosegua in un percorso che consolidi sempre più il rapporto con l’intero mondo agricolo, da cui potranno nascere spunti di lavoro e di confronto per proseguire in un cammino che metta in chiaro le necessità del sistema Italia anche, e soprattutto, a livello europeo.
Perché solo in questo modo sarà garantita una prospettiva di crescita e sviluppo non solo del nostro mondo agricolo ma dell’intero sistema imprenditoriale italiano